Allora eccoti un primo zuccherino...Ottimo ottimo!!!
Più tu vai con calma, più io capisco... e ho tempo di farti domande...![]()
![]()
Cercherò di non rompere più di tanto...![]()
![]()
Questi post sono ORO per chi vuole imparare... :p

----------------------------------------
Comincio a vedere un po' cosa si può voler "cucinare"; gli ingredienti li dettaglieremo in seguito.
Partiamo dal finale, visto che è quello che più fa gola a tutti quanti!

Accontentiamoci del solito amplificatore generatore "quasi" ideale di tensione. Sul come ridurre questo "quasi" ci arriveremo dopo. Intanto vediamo che tipo di amplificatore si vuole fare.
Ci conviene partire da un punto classico "sicuro" che, imho, è sintetizzato dall'amplificatore "tipo" proposto da D. Self nel suo libro "Audio Power Amplifiers" e da lì cominciare a ragionare e poi ricamarci qualcosa di nostro.
Il tipo di circuitazione usato da Self è quello classico a operazionale di potenza, circuitalmente ben riassunto dallo schema interno di un op-amp di uso comune, il 4558, che potete "ammirare" in prima pagina nel datasheet scaricabile al link:
http://semicon.njr.co.jp/njr/hp/fileDow ... ediaId=175
A parte alcuni dettagli abbastanza secondari, lo schema di questo op-amp corrisponde, in versione discreta e debitamente potenziata, allo schema della stragrande maggioranza dei finali audio moderni a stato solido, indipedentemente dal fatto che vengano utilizzati come stadi di uscita transistori bipolari o MOSFET. Non è il solo schema possibile ovviamente; è semplicemente il più diffuso. Se poi è anche il più capito... lo vedremo più avanti. Intanto cerchiamo di capirlo noi.
A parte circuiti ausiliari minori destinati a polarizzare i generatori di corrente (che sono poi i veri e propri *alimentatori interni* del circuito da cui dipende praticamente tutta la sua reiezione ai disturbi di alimentazione - la famosa PSRR), il circuito è composto sostanzialmente da tre stadi: (1) uno stadio differnziale in ingresso (che è differenziale anche quando è composto da un solo transistor, come nel PAMP di Piergiorgio!

(2) Questi, anche se chiamato solitamente VAS - Voltage Amplifier Stage - è in realtà un amplificatore *in corrente*, non in tensione. Il fatto che tale amplificatore in corrente sia implementato con un emettitore comune significa una sola cosa: che in assenza di contromisure, la sua amplificazione dipenderà fortemente dal beta del transistore usato e dalla sua temperatura, cioè proprio dai parametri da cui si dovrebbe scongiurare il più possibile ogni dipendenza vista la loro aleatorietà (il beta è uno dei parametri più "casual" che si possano trovare in un bipolare). Vedremo più avanti quanto e perché ciò contribuisca a dare all'amplificatore a transistor una timbrica che più "da transistor" di così si muore. Ciò che salva (si fa per dire) la situazione in corner è che su questo stadio viene anche connesso il condensatore di compensazione per la stabilità del circuito che, dal punto di vista del singolo stadio, è *una vera e propria retroazione locale* (purtroppo non delle migliori visto che trasforma uno stadio altrimenti lineare in un integratore; detta in altro l'entità della controreazione dipende dalla frequenza e così il guadagno che lascia disponibile al resto del circuito: è un po' un tira e molla... quando il resto del circuito soffre lui gode mentre quando lui soffre stanno "quasi" bene gli altri).
(3) Completa il circuito lo stadio di uscita vero e proprio, il solo in effetti il cui nome (buffer in corrente) corrisponde a quello che fa effettivamente... e che, tranne che per la distorsione di incrocio, non ha praticamente colpe ma paga per tutti gli altri. In effetti l'unica vera "colpa" che ha è fare il suo mestiere: dare "muscoli" a tutto quanto lo precede, difetti compresi.
Questo è anche lo stadio dove si sviluppa la tanto temuta e famigerata distorsione di incrocio... che però è solo *uno* dei fattori che possono contribuire a una cattiva timbrica. Fattore che, oltre ad essere condiviso con gli amplficatori a tubi (con in più l'aggravante della presenza dei trasformatori di uscita che, come tutti i carichi induttivi o parzialmente tali, mal gradiscono le discontinuità in corrente), ha ricevuto imho un'importanza un po' esagerata. Non è il solo problema con cui fare i conti e secondo me, dal punto di vista della risolvibilità, neppure il più grave - anche perché la disto di incrocio, dipendendo anche dalla temperatura di funzionamento dei transistori di uscita, di fatto *non è* eliminabile).
Alla prossima "botta" cercherò di chiarire perché secondo me ciò che chiamano VAS non è un VAS e che cosa lo è realmente. Il tutto con lo scopo di trovare dove e come si genera effettivamente la tensione di uscita del finale "classico" di cui parlavo sopra - perché imho lì e non altrove si trova la vera "tana del diavolo" dove viene davvero "fucinato" il "suono a transistor".
Ciao
Piercarlo
(continua)