Qua è chiamato in questione Mbaudino. Quel paio di volte che ho fatto una 'resinatura' artigianale ho semplicemente versato della paraffina sciolta in un barattolo preriscaldaldo il trasformatore in forno.
Ho lavorato parecchio con epossidiche e poliuretaniche negli anni 80, formulando compound per
diversi settori ma mai quello elettrico.
Poichè mi sto attrezzando per bobinare gli avvolgimenti, è un argomento che dovrò approfondire
(non adesso ) e vi scriverò le cose di cui verrò a conoscenza.
<<Olimpia>> in un altro 3d aveva accennato ad interessanti prove fatte con Chiomenti, in cui
variando l' impregnante variava il suono. Purtroppo poi il 3d si era interrotto e varrebbe la
pena riprenderlo e approfondire, partendo ovviamente dalla premessa che i trasformatori debbano avere lo stesso suono prima della resinatura.
La resinatura immagino che alteri
a-la rigidità dielettrica
b-la costante dielettrica
c-lo smorzamento meccanico delle vibrazioni captate o generate)
d-la compattezza del pacco dei lamierini e dell' avvolgimento
e-la sensibilità alle variazioni climatiche
Per il p.to c) è essenziale l' aderenza della resina ai supporti.
Si parla ovviamente di resine senza solventi; scarterei le resine poliestere (quelle normali da
vetroresina) in quanto hanno mediocre aderenza ed alto ritiro se prive di carica (come devono
essere per questa applicazione). Le epossidiche hanno eccezionale aderenza al ferro ( se ben sgrassato e possibilmente sabbiato o decapato e fosfatato), buona su molte plastiche o termoindurenti ma aderenza nulla al polipropilene e al polietilene ( con cui credo sia fatti i rocchetti); graffiare il polipropilene migliora leggermente le cose ma non si può comunque parlare di aderenza. Sullo smalto dei fili ( non potendolo sabbiare o carteggiare) l' aderenza penso che risulti non particolarmente buona. Per i lamierini dipende ovviamente se sono almeno ben sgrassati.
Mi aspetto quindi che impregnando <alla bruta> un trasformatore si ottenga un guscio protettivo resistente ma non particolarmente aderente al rocchetto ed all' avvolgimento. Poichè le epox sono di norma rigide le vibrazioni potrebbero con il tempo staccare la resina.
Circa la possibilità che la resina penetri all' interno dell' avvolgimento, mi sembra solo una speranza anche usando compound molto fluidi; il chè forse è meglio perchè non aumentano le C interstrato. Se va bene ( sottovuoto) la resina penetra fra bordo avvolgimento e bordo rocchetto ( a cui non aderisce se quest' ultimo è in polipropilene) e tiene meccanicamente bloccato il tutto, ed è già molto.
E' possibile che con il tempo, venendo a mancare l' aderenza, si abbia un aumento delle vibrazioni.
La resina ottimale dovrebbe avere: bassa viscosità per avere una buona penetrazione, buona aderenza, lunghi tempi di indurimento ( o indurimento in forno a temperature compatibili con gli altri isolanti ), bassa costante dielettrica, elevata rigidità dielettrica, un minimo di elasticità per smorzare al meglio le vibrazioni e seguire le dilatazioni termiche ( penso alle epossipoliuretaniche), basso ritiro durante la catalisi.
Vedo anche un notevole interesse nella soluzione indicata da P. Lovati, di usare paraffine ad alto (molto alto) punto di fusione; purtroppo non ne ho trovate di idonee equivalenti a quella da lui indicata. La paraffina sicuramente ha tutte le qualità necessarie ( soprattutto lo smorzamento e l' autoadattamento nel tempo - plasticità): ne serve però un tipo con punto di fusione molto superiore alla massima temperatura di lavoro del trasformatore nella piu' calda giornata possibile. Sarebbe imbarazzante, durante i pianissimi dei Carmina Burana, sentire il plonk plonk delle gocce di paraffina che cadono all' interno del telaio....
Queste sono considerazioni del tutto generali in quanto non conosco ne le tecniche di impregnazione ne le esigenze ne i materiali, quindi sarà tutto da approfondire.
Mauro