Denis, a me pare che il tuo ragionamento, la tua spiegazione, presenti uno iato logico illegitimabile.Credo che qui stia il punto chiave: per me non fa invece nessuna differenza, malgrado tutto quello che scrivi dopo sia assolutamente corretto. Ti spiego perché, facendo qualche passo indietro.
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In tali condizioni il comportamento dell'orecchio è irrilevante, in quanto questo verrà sollecitato in ogni caso da ciò che l'artista ha creato e voluto. Se questa "creatura artistica" porterà a delle visioni oniriche o a dei conati di vomito, e come questo avvenga dentro l'orecchio e in quello che c'è dopo, non è cosa che riguarda l'impianto di riproduzione, ma solo l'artista e l'ascoltatore. L'impianto avrà esaurito il suo compito fornendo copia conforme della creazione dell'artista così come codificata sul supporto.
A me sembra che, a voler seguire l'approccio che descrivi, si scambi la premessa con la conseguenza.
Mi dici di essere d'accordo, sulla base descrizione del funzionamento (parziale) dell'orecchio da me rozzamente fatta, della sua natura non lineare, e viceversa di quella di sistema lineare del microfono.
Poi però dici che la cosa non fa nessuna differenza.
Il principio di sovrapposizione degli effetti si applica ai sistemi lineari.
E solo a quelli.
Dunque, semplicemente non si può inferire, *dopo* l'applicazione del principio di sovrapposizione (ricostruzione del campo "originario" mediante le operazioni di convoluzione e filtraggio), che poiché ormai il campo è per sovrapposizione così ricostruito e simile a quello presente sul supporto (quest'ultimo rilevato con un sistema lineare anch'esso), allora il sistema complessivo è lineare (o lo si può considerare ai nostri fini come tale), anche se il terminale ricevente non lo è, sulla base del paralogismo: "siccome ho fatto qualcosa, allora dovevo poterla fare, altrimenti non l'avrei fatta".
O il sistema è lineare, ed allora vale il principio di sovrapposizione degli effetti (è una qualità del sistema), ed allora posso creare ed applicare degli opportuni filtri; ovvero il sistema non è lineare (come non lo è l'orecchio) e la sovrapposizione non si pùò fare (perché non è una proprietà del sistema), ed i filtri non si possono nemmeno creare, se debbono avere qualche attinenza alla vera risposta del sistema: anche a farla per forza, pianamente e semplicemente non ha alcun senso (matematico, fisico, logico) riguardo ad un sistema non lineare (come, ripeto, l'orecchio).
Per poter operare una sovrapposizione degli effetti abbiamo bisogno appunto di ricavare quella che nel post precedente ho chiamato una "funzione inversa", e lo si fa sulla base della risposta del sistema ad una stimolazione (misure).
Ma, come insegnato *dalla teoria sottesa al trattamento digitale dei segnali*, la descrivibilità di un sistema sulla base della sua risposta ad un certo stimolo è una proprietà solo nei sistemi lineari definibili come tempo invarianti (LTI). I sistemi LTI possono essere descritti completamente dalla risposta che forniscono ad un impulso di ampiezza unitaria
Poiché l'orecchio non è lineare, e non è tempo invariante (o non tempo variante), qualsiasi risposta risulti al microfono, essa non è rappresentativa del "campo" come sarebbe stato percepito dall'orecchio, ed in conseguenza le alterazioni "ad hoc" di ampiezza e fase introdotte con i filtri semplicemente non sappiamo quale effetto possano avere sull'orecchio medesimo. Il mero fatto che un campo di pressione sia misurato come simile o identico dal microfono (la risposta all'impulso del sistema), non è traslabile nei confronti dell'orecchio (che offre un'altra risposta per ciascun medesimo impulso), perché non esistono le relative regole di trasformazione (come le trasformate di Galileo, quelle di Lorentz, per restare sempre nell'ambito delle leggi fisiche).
E perché non esistono queste regole di trasformazione? Perché il sistema non è tempo invariante: come già detto limitandosi solo alla coclea, nella coclea le caratteristiche dell'amplificazione e dell'uscita vengono guidate dalla percezione e non da unità di misura fisiche. A che pro darsi la pena di misurare grandezze fisiche che non hanno nessuna (cor)relazione (lineare, predicibile) con il "vero" segnale d'uscita (la percezione)?
Vieppiù, per riprendere un mio pensiero di un post precedente, tali modificazioni dell'ampiezza e della fase di determinate frequenze a prescindere dal segnale riprodotto, che senso possono - ulteriormente - avere?
Se prendiamo ad esempio delle realtà molto più importanti - di sicuro economicamente - della riproduzione audio definibile come "estrema", e mi riferisco in particolare al grande campo di ricerca (e mercato) relativo alle persone audiolese, basti pensare come le applicazioni più avanzate prevedano differenti modelli percettivi da far processare dall'apparecchio digitale (protesi) a seconda delle condizioni al contorno, e che pertanto l'utente attiva "ad libitum": la risposta dell'apparecchio acustico varierà dunque se l'utente vuole ascoltare una conversazione, o debba parlare in un aula, o voglia ascoltare musica, o si trovi in un ambiente troppo rumoroso, o in un uno troppo silenzioso. A me pare che un singolo filtro ben elaborato andasse bene per qualsiasi brano musicale, forse una analoga applicazione troverebbe un riscontro scientifico ed economico molto maggiore in quest'altro campo.
Le tue precisazioni all'approccio seguito non spostano di una virgola i termini della questione: una rappresentazione di un certo tipo inerisce i sistemi lineari (e non tempo varianti).Spero che questo chiarisca l'approccio seguito e i motivi che rendono sostanzialmente irrilevante il comportamento dell'orecchio per tale approccio. Tale comportamento rientra solo nel momento in cui ci si trova costretti ad adottare degli inevitabili compromessi rispetto alla ideale accuratezza di riproduzione, ma anche in questo caso si cerca di seguire i principi noti della psicoacustica e non semplicemente qualche preferenza soggettiva.
Se, a dispetto di tutta (o gran parte de) la letteratura scientifica (sia in biologia, sia in elettronica) nota, tu affermassi che ad un sistema non lineare si può ragionevolmente applicare una proprietà esclusiva dei sistemi lineari, per quel che ne so io tu saresti sic et simpliciter in errore.
Se ti ho capito male, invece, scusami di questa mia osservazione.
Dunque, coerentemente con il tuo approccio, alla fine stai riproducendo qualcos'altro dall'originario messaggio incorporato nel supporto, per quanto "brava" possa esser stata l'accoppiata musicista/tecnico di ripresa (nei termini che tu hai specificato).Per me è fedeltà all'evento sonoro originario o, in seconda battuta da "real politik", fedeltà all'evento sonoro codificato sul supporto. Sottolineo "evento sonoro" e non "evento musicale". La musica è emozione, il supporto e gli strumenti in grado di registrare e riprodurre le emozioni sono al di la della nostra tecnologia attuale. Credo che su questo sarai d'accordo anche tu.e ci sarebbe da discutere molto sul fedele a che cosaErgo sarei già più che contento di poter riprodurre il "motore primo" di quelle emozioni, ossia il suono o quello che ne è rimasto condensato sui nostri dischi.
Originariamente inviato da Denis Sbragion - 13/05/2007 : 11:37:03
Perché, proprio in quanto la musica è emozione come dici tu, tutti noi ascoltiamo la musica per l'emozione che ci da: se ce ne desse un'altra, potremmo rientrare nell'ambito del "godibile", del "soggettivo", nel quello che vuoi, ma non nel "fedele" (a qualsiasi cosa si tratti). Non credi?

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Ciao, Luca