DRC

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Luc1gnol0
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Messaggio da Luc1gnol0 »

Credo che qui stia il punto chiave: per me non fa invece nessuna differenza, malgrado tutto quello che scrivi dopo sia assolutamente corretto. Ti spiego perché, facendo qualche passo indietro.
...
In tali condizioni il comportamento dell'orecchio è irrilevante, in quanto questo verrà sollecitato in ogni caso da ciò che l'artista ha creato e voluto. Se questa "creatura artistica" porterà a delle visioni oniriche o a dei conati di vomito, e come questo avvenga dentro l'orecchio e in quello che c'è dopo, non è cosa che riguarda l'impianto di riproduzione, ma solo l'artista e l'ascoltatore. L'impianto avrà esaurito il suo compito fornendo copia conforme della creazione dell'artista così come codificata sul supporto.
Denis, a me pare che il tuo ragionamento, la tua spiegazione, presenti uno iato logico illegitimabile.
A me sembra che, a voler seguire l'approccio che descrivi, si scambi la premessa con la conseguenza.

Mi dici di essere d'accordo, sulla base descrizione del funzionamento (parziale) dell'orecchio da me rozzamente fatta, della sua natura non lineare, e viceversa di quella di sistema lineare del microfono.
Poi però dici che la cosa non fa nessuna differenza.

Il principio di sovrapposizione degli effetti si applica ai sistemi lineari.
E solo a quelli.

Dunque, semplicemente non si può inferire, *dopo* l'applicazione del principio di sovrapposizione (ricostruzione del campo "originario" mediante le operazioni di convoluzione e filtraggio), che poiché ormai il campo è per sovrapposizione così ricostruito e simile a quello presente sul supporto (quest'ultimo rilevato con un sistema lineare anch'esso), allora il sistema complessivo è lineare (o lo si può considerare ai nostri fini come tale), anche se il terminale ricevente non lo è, sulla base del paralogismo: "siccome ho fatto qualcosa, allora dovevo poterla fare, altrimenti non l'avrei fatta".

O il sistema è lineare, ed allora vale il principio di sovrapposizione degli effetti (è una qualità del sistema), ed allora posso creare ed applicare degli opportuni filtri; ovvero il sistema non è lineare (come non lo è l'orecchio) e la sovrapposizione non si pùò fare (perché non è una proprietà del sistema), ed i filtri non si possono nemmeno creare, se debbono avere qualche attinenza alla vera risposta del sistema: anche a farla per forza, pianamente e semplicemente non ha alcun senso (matematico, fisico, logico) riguardo ad un sistema non lineare (come, ripeto, l'orecchio).

Per poter operare una sovrapposizione degli effetti abbiamo bisogno appunto di ricavare quella che nel post precedente ho chiamato una "funzione inversa", e lo si fa sulla base della risposta del sistema ad una stimolazione (misure).
Ma, come insegnato *dalla teoria sottesa al trattamento digitale dei segnali*, la descrivibilità di un sistema sulla base della sua risposta ad un certo stimolo è una proprietà solo nei sistemi lineari definibili come tempo invarianti (LTI). I sistemi LTI possono essere descritti completamente dalla risposta che forniscono ad un impulso di ampiezza unitaria
Poiché l'orecchio non è lineare, e non è tempo invariante (o non tempo variante), qualsiasi risposta risulti al microfono, essa non è rappresentativa del "campo" come sarebbe stato percepito dall'orecchio, ed in conseguenza le alterazioni "ad hoc" di ampiezza e fase introdotte con i filtri semplicemente non sappiamo quale effetto possano avere sull'orecchio medesimo. Il mero fatto che un campo di pressione sia misurato come simile o identico dal microfono (la risposta all'impulso del sistema), non è traslabile nei confronti dell'orecchio (che offre un'altra risposta per ciascun medesimo impulso), perché non esistono le relative regole di trasformazione (come le trasformate di Galileo, quelle di Lorentz, per restare sempre nell'ambito delle leggi fisiche).
E perché non esistono queste regole di trasformazione? Perché il sistema non è tempo invariante: come già detto limitandosi solo alla coclea, nella coclea le caratteristiche dell'amplificazione e dell'uscita vengono guidate dalla percezione e non da unità di misura fisiche. A che pro darsi la pena di misurare grandezze fisiche che non hanno nessuna (cor)relazione (lineare, predicibile) con il "vero" segnale d'uscita (la percezione)?

Vieppiù, per riprendere un mio pensiero di un post precedente, tali modificazioni dell'ampiezza e della fase di determinate frequenze a prescindere dal segnale riprodotto, che senso possono - ulteriormente - avere?

Se prendiamo ad esempio delle realtà molto più importanti - di sicuro economicamente - della riproduzione audio definibile come "estrema", e mi riferisco in particolare al grande campo di ricerca (e mercato) relativo alle persone audiolese, basti pensare come le applicazioni più avanzate prevedano differenti modelli percettivi da far processare dall'apparecchio digitale (protesi) a seconda delle condizioni al contorno, e che pertanto l'utente attiva "ad libitum": la risposta dell'apparecchio acustico varierà dunque se l'utente vuole ascoltare una conversazione, o debba parlare in un aula, o voglia ascoltare musica, o si trovi in un ambiente troppo rumoroso, o in un uno troppo silenzioso. A me pare che un singolo filtro ben elaborato andasse bene per qualsiasi brano musicale, forse una analoga applicazione troverebbe un riscontro scientifico ed economico molto maggiore in quest'altro campo.
Spero che questo chiarisca l'approccio seguito e i motivi che rendono sostanzialmente irrilevante il comportamento dell'orecchio per tale approccio. Tale comportamento rientra solo nel momento in cui ci si trova costretti ad adottare degli inevitabili compromessi rispetto alla ideale accuratezza di riproduzione, ma anche in questo caso si cerca di seguire i principi noti della psicoacustica e non semplicemente qualche preferenza soggettiva.
Le tue precisazioni all'approccio seguito non spostano di una virgola i termini della questione: una rappresentazione di un certo tipo inerisce i sistemi lineari (e non tempo varianti).

Se, a dispetto di tutta (o gran parte de) la letteratura scientifica (sia in biologia, sia in elettronica) nota, tu affermassi che ad un sistema non lineare si può ragionevolmente applicare una proprietà esclusiva dei sistemi lineari, per quel che ne so io tu saresti sic et simpliciter in errore.

Se ti ho capito male, invece, scusami di questa mia osservazione.
e ci sarebbe da discutere molto sul fedele a che cosa
Per me è fedeltà all'evento sonoro originario o, in seconda battuta da "real politik", fedeltà all'evento sonoro codificato sul supporto. Sottolineo "evento sonoro" e non "evento musicale". La musica è emozione, il supporto e gli strumenti in grado di registrare e riprodurre le emozioni sono al di la della nostra tecnologia attuale. Credo che su questo sarai d'accordo anche tu. :D Ergo sarei già più che contento di poter riprodurre il "motore primo" di quelle emozioni, ossia il suono o quello che ne è rimasto condensato sui nostri dischi.
Originariamente inviato da Denis Sbragion - 13/05/2007 : 11:37:03
Dunque, coerentemente con il tuo approccio, alla fine stai riproducendo qualcos'altro dall'originario messaggio incorporato nel supporto, per quanto "brava" possa esser stata l'accoppiata musicista/tecnico di ripresa (nei termini che tu hai specificato).
Perché, proprio in quanto la musica è emozione come dici tu, tutti noi ascoltiamo la musica per l'emozione che ci da: se ce ne desse un'altra, potremmo rientrare nell'ambito del "godibile", del "soggettivo", nel quello che vuoi, ma non nel "fedele" (a qualsiasi cosa si tratti). Non credi? :oops:

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Ciao, Luca
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Messaggio da Denis Sbragion »

Ciao Lucignolo,
Denis, a me pare che il tuo ragionamento, la tua spiegazione, presenti uno iato logico illegitimabile.
A me sembra che, a voler seguire l'approccio che descrivi, si scambi la premessa con la conseguenza.

Mi dici di essere d'accordo, sulla base descrizione del funzionamento (parziale) dell'orecchio da me rozzamente fatta, della sua natura non lineare, e viceversa di quella di sistema lineare del microfono.
Poi però dici che la cosa non fa nessuna differenza.
vedo che non ci intendiamo. Il problema è di fondo, non tecnico. Innanzitutto se non siamo d'accordo su una premessa fondamentale non ci sarà mai un terreno comune di discussione. Ripartiamo dall'utopisitico sistema di riproduzione in grado di riprodurre esattamente il campo acustico dell'evento sonoro originale almeno su un volume sufficientemte ampio da farci entrare comodamente la testa dell'ascoltatore. Sei d'accordo che in presenza di un simile utopisitico sistema di riproduzione sottoporre il nostro sistema percettivo, con tutte le sue peculiarità che ti sei prodigato a descrivere, al campo acustico originario o a quello riprodotto, sarebbe indifferente?

Non vedo come potresti non essere d'accordo, il campo acustico nei due casi è lo stesso, ma vorrei comunque una tua risposta. Se non fossi d'accordo è inutile che leggi oltre, tutto il resto si basa su questa premessa. In questo caso semplicemente bisogna accettare che intendiamo il concetto di "fedeltà di riproduzione" in due modi diversi e quindi stiamo discutendo uno di pere e l'altro di mele. Per me l'ideale di fedeltà è l'utopistico sistema descritto sopra. Irrealizzabile quanto vuoi allo stato attuale della tecnica, ma che determina il punto di arrivo e quindi la strada da seguire per arrivarci.

Dato questo presupposto lo scopo diventa approssimare nel modo migliore possibile il sistema di cui sopra. Per farlo si può confrontare il campo acustico originario con quello riprodotto. Per confrontarli non è assolutamente necessario coinvolgere il nostro sistema percettivo. Il campo acustico originario e quello riprodotto esistono anche se non c'è nessuno ad ascoltarli. E' fisica classicissima, non siamo mica in regime quantistico per cui l'osservazione determina lo stato del sistema.

Se poi il nostro sistema percettivo decide di reagire estasiato quando ascolta il campo acustico originario perché quel giorno è di buon umore e di reagire schifato quando ascolta quello riprodotto perché quel giorno ha le sue cose, o versavice, non è un problema che riguarda il sistema di riproduzione, ne può essere risolto o alterato da esso. Più che riproporgli intatto il campo acustico prodotto all'origine dall'artista il sistema di riproduzione non può fare. A meno che non si voglia far diventare il campo riprodotto esso stesso una *nuova* opera artistica, seppur correlata con l'originale, che magari renda estasiato il nostro sistema percettivo anche quando ha le sue cose. Ma a quel punto sono io a chiederti: alta fedeltà a cosa e in che senso? Quale è a questo punto l'originale da riprodurre in modo fedele? L'emozione che si è sentita dal vivo? Come fai se questa emozione può variare di volta in volta a seconda degli umori del momento e quindi fondamentalmente l'originale non è univoco?

In ogni caso sicuramente non è quello che intendo io per "fedeltà di riproduzione", senza minimamente pretendere che quello che intendo io sia superiore, migliore, preferibile o quant'altro. Semplicemente quello che intendo io è "riproduzione accurata del campo sonoro originario e/o codificato sul supporto", null'altro.

Detto questo, tutto il percorso che va dai microfoni fino ad un istante *prima* dell'ingresso nel nostro sistema percettivo si può ragionevolmente ritenere un sistema lineare tempo invariante. Esiste ampia letteratura in merito e per una parte da buon San Tommaso mi sono pure fatto le prove di persona. DRC si occupa di compensare un tratto di questo percorso, ossia sostanzialmente quello che va dall'ingresso del pre o dei finali, a seconda della configurazione, fino appunto ad un istante *prima* dell'ingresso nel nostro sistema percettivo. Di solito in questo tratto a farla ampiamente da padrone sono diffusori e ambiente, tanto che la compensazione di eventuali componenti elettronici presenti sul percorso può essere ragionevolmente considerata trascurabile. Sicuramente DRC *non* si occupa di compensare quello che c'è dopo l'arrivo al nostro sistema percettivo, non ci prova nemmeno, ne mai potrebbe farlo visto che quello che c'è dopo è terribilmente non lineare e tempo variante come da te ampiamente descritto. Anzi, definirlo non lineare tempo variante a me fa già pensare che sia in qualche modo descrivibile in temini fisici. Io lo definirei più appropriatamente "umorale" e "luna variante". :D
Il principio di sovrapposizione degli effetti si applica ai sistemi lineari.
E solo a quelli.
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O il sistema è lineare, ed allora vale il principio di sovrapposizione degli effetti (è una qualità del sistema), ed allora posso creare ed applicare degli opportuni filtri; ovvero il sistema non è lineare (come non lo è l'orecchio) e la sovrapposizione non si pùò fare (perché non è una proprietà del sistema), ed i filtri non si possono nemmeno creare, se debbono avere qualche attinenza alla vera risposta del sistema: anche a farla per forza, pianamente e semplicemente non ha alcun senso (matematico, fisico, logico) riguardo ad un sistema non lineare (come, ripeto, l'orecchio).
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La parte del sistema di cui si occupa DRC, che, ribadisco, non include il nostro sistema percettivo che non viene ne misurato ne corretto, è sufficientemente lineare da non inficiare l'applicazione del metodo. Tale parte non è perfettamente lineare, del resto niente al mondo lo è. I diffusori introducono un po' di distorsione armonica, l'ambiente ha anche lui le sue peculiarità, ma usando le tecniche appropriate per fare le misure e operando nel modo opportuno gli effetti collaterali sono sufficientemente contenuti da rendere comunque praticabile il tutto. Quanto noto e quanto ho personalmente provato confermano, se hai prove strumentali che smentiscano sono benvenute.
Poiché l'orecchio non è lineare, e non è tempo invariante (o non tempo variante), qualsiasi risposta risulti al microfono, essa non è rappresentativa del "campo" come sarebbe stato percepito dall'orecchio,
Qui fai tu un errore concettuale. La risposta misurata dal microfono non è rappresentativa della *risposta* dell'orecchio, non del campo che arriva all'orecchio. Ci mancherebbe, il microfono non misura l'orecchio, misura quello che c'è prima. Tale misura è rappresentativa però di quello che c'è *prima* di arrivare all'orecchio, pressione acustica inclusa, che è poi quello che viene corretto. Se il compito è far arrivare all'orecchio quello che c'è sul supporto, come da premessa iniziale, tale misura è sufficiente.

Da li in poi che l'orecchio risponda come meglio crede. Secondo la premessa iniziale governare tale risposta non fa parte dei compiti dell'impianto, DRC incluso. Del resto anche di fronte al suono originale prodotto dall'artista l'orecchio risponde come meglio crede: estasiato nei giorni buoni, schifato in quelli meno buoni, e con tutti i suoi meccanismi interni, alcuni almeno ragionevolmente deterministici e meno "umorali" seppure non lineari, che tu hai ampiamente descritto.
Vieppiù, per riprendere un mio pensiero di un post precedente, tali modificazioni dell'ampiezza e della fase di determinate frequenze a prescindere dal segnale riprodotto, che senso possono - ulteriormente - avere?
Questo cosa vuol dire? Perché la correzione dovrebbe variare in funzione del segnale riprodotto se il sistema che viene corretto, essendo ragionevolmente un LTI, non cambia il suo comportamento in funzione dello stesso segnale?
Se prendiamo ad esempio delle realtà molto più importanti - di sicuro economicamente - della riproduzione audio definibile come "estrema", e mi riferisco in particolare al grande campo di ricerca (e mercato) relativo alle persone audiolese...
Stesso errore concettuale di prima. Li si vuole proprio correggere la risposta dell'orecchio. Ovvio che la faccenda si complica a dismisura. DRC et similia si limitano a correggere la risposta dell'impianto, che si suppone ragionevolmente lineare e tempo invariante. Nel momento in cui non lo fosse a sufficienza avresti problemi ben più gravi da risolvere che non preoccuparti dell'applicabilità o meno della correzione. Tanto per farti un esempio le tecniche di misura usare di solito per la correzione (sweep logaritimico) sono in grado di estrarre la componente lineare del sistema anche in presenza di distorsioni armoniche prossime al 20%. In condizioni come queste ovviamente prima di preoccuparti della correzione devi preoccuparti di ridurre quel 20% entro limiti ben più ragionevoli. Tra parentesi sempre la tecnica dello sweep logaritmico, separando le componenti lineari da quelle non lineari, permette con un'unica misura di valutare proprio se si è entro limiti ragionevoli di applicabilità. Come vedi non si è trascurato nulla, del resto non sono cose nuove, tutto il supporto teorico di base è disponibile da almeno 30 anni.
Se, a dispetto di tutta (o gran parte de) la letteratura scientifica (sia in biologia, sia in elettronica) nota, tu affermassi che ad un sistema non lineare si può ragionevolmente applicare una proprietà esclusiva dei sistemi lineari, per quel che ne so io tu saresti sic et simpliciter in errore.
Me ne guardo bene. Per gentilezza tu hai parlato di "errore", io parlerei senza mezzi termini di castroneria fuori misura. :D
Dunque, coerentemente con il tuo approccio, alla fine stai riproducendo qualcos'altro dall'originario messaggio incorporato nel supporto, per quanto "brava" possa esser stata l'accoppiata musicista/tecnico di ripresa (nei termini che tu hai specificato).
Qui non ti seguo più. Se sul supporto c'è un campo sonoro, oppure, come purtroppo consente la tecnologia attuale (sigh!), due modesti scalari rappresentanti una pressione sonora, riproducendo nel modo più accurato possibile tale pressione sonora, in che modo mi starei allontanando dal messaggio incorporato nel supporto? Solo quello c'è sul supporto, da cosa mi starei allontanando?

Può essere che si sia, anzi quasi certamente lo si è, parecchio distanti dal campo acustico originario, quello presente prima di entrare nei microfoni, ma purtroppo qui la castrazione viene fatta direttamente dai microfoni, c'è poco che si possa fare dopo. O si tenta di riprodurre al meglio quel poco che rimane dopo tale castrazione, che è quello a cui punto io, oppure si tenta di reinventare in qualche modo quello che è stato castrato, approccio altrettanto nobile e che ha portato anche ad alcune soluzioni davvero interessanti, Ambiophonics per esempio.
Perché, proprio in quanto la musica è emozione come dici tu, tutti noi ascoltiamo la musica per l'emozione che ci da: se ce ne desse un'altra, potremmo rientrare nell'ambito del "godibile", del "soggettivo", nel quello che vuoi, ma non nel "fedele" (a qualsiasi cosa si tratti). Non credi? :oops:
Qui però nasce un problema gigantesco: tutti gli aggeggi con cui ci piace tanto giocare non sono in grado di registrare, codificare, veicolare e infine ricreare "emozioni". Niente al mondo è in grado di farlo con la tecnologia attuale. Quegli aggeggi veicolano sotto varie forme solo segnali rappresentanti dei suoni, segnali che una volta ritrasformati in suono si spera che riescano a ricreare almeno un poco della emozione originale. L'emozione però è un qualcosa che si ricrea nella nostra mente "stimolata" proprio da quei suoni, nel supporto non c'è. Ora, può darsi benissimo che si possa sperare di ricreare le stesse emozioni originali anche senza riprodurre accuratamente gli stessi suoni originali. Magari ci si può riuscire perfino meglio, non lo so, da tecnico mi occupo di quello che conosco, e le emozioni le sento per come sono, non sono certo in grado di spiegare come si formano ne di controllarne la formazione, sempre ammesso che si possa farlo. Francamente però procedere cercando di riprodurre le emozioni senza però riprodurre accuratamente i suoni che le "stimolano", seguendo quindi una strada da "fedeltà alle emozioni" e non solo e semplicemente al suono, mi sembra veramente un'impresa titanica. Lo è tantopiù per i mille frizzi e lazzi del nostro sistema percettivo, che rende qualunque valutazione sul risultato quantomai aleatoria.

Però non si sa mai, magari sono solo miei limiti. Personalmente nemmeno ci provo. Poi ho troppa reverenza nei confronti di chi è in grado di produrre arte da permettermi di toccare quello da loro prodotto, foss'anche con nobili intenti. Per me sarebbe come fare i baffi alla Gioconda. :D Mi limito a riprodurre il suono al meglio delle possibilità offerte dalla moderna tecnologia, di cui francamente la stereofonia appare sempre di più come il lato più debole. Fin'ora questa strada mi ha dato grandi soddisfazion anche sul piano emotivo. Magari per un colpo di pura fortuna, magari perché, come accennavo, gli artisti che ascolto io sono bravi a condensare in quei due miseri scalari tutto quello che serve per titillare nel modo giusto le mie papille gustative. Questo però non ha niente a che fare con la questione meramente tecnica dell'usare la correzione per tentare di approssimare al meglio il suono presente sul supporto. Suono, neh? Non emozione. ;)

Saluti,


Denis Sbragion
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Messaggio da Luc1gnol0 »

Non vedo come potresti non essere d'accordo, il campo acustico nei due casi è lo stesso, ma vorrei comunque una tua risposta. Se non fossi d'accordo è inutile che leggi oltre, tutto il resto si basa su questa premessa.
...
Dato questo presupposto lo scopo diventa approssimare nel modo migliore possibile il sistema di cui sopra. Per farlo si può confrontare il campo acustico originario con quello riprodotto. Per confrontarli non è assolutamente necessario coinvolgere il nostro sistema percettivo. Il campo acustico originario e quello riprodotto esistono anche se non c'è nessuno ad ascoltarli. E' fisica classicissima, non siamo mica in regime quantistico per cui l'osservazione determina lo stato del sistema.
Originariamente inviato da Denis Sbragion - 14/05/2007 : 19:36:00
Denis, hai ragione: quello che io vedo è un'aporia logica e scientifica, pertanto non legittimabile ed indimostrabile, ma anche non confutabile.

Senza tirare in ballo né la fisica quantistica, nè la radicale critica gnoseologica di Nietzsche, mi rifaccio alla normale teoria delle misure per convenire che non c'è terreno di scambio possibile al momento: come diceva Albert Einstein: "E` la teoria a stabilire che cosa possiamo osservare". :oops:

Io ti ringrazio davvero del tuo sforzo, l'ho apprezzato: i tanti e diversi spunti del tuo post meriterebbero anche ulteriori approfondimenti, peraltro non pienamenti correlati all'argomento di questo thread (e se vorrai riproporli disgiunti dalla questione odierna, sarò lieto di interloquire ancora al riguardo). ;)

Grazie ancora di tutto, ed a rileggerti presto! :)

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Messaggio da Denis Sbragion »

Ciao Lucignolo,
Senza tirare in ballo né la fisica quantistica...
aeehhm, quella sulla fisica quantistica voleva essere una battuta, solo che ho dimenticato le faccine. Vale metterle adesso? :D In compenso non ho capito assolutamente nulla di quello che intendi dire con la critica di Nietzsche e il resto, qui si va oltre le mie conoscenze. :? Conosco giusto un po' e in modo assolutamente utilitaristico il buon Popper. :|
Io ti ringrazio davvero del tuo sforzo...
Grazie altrettanto a te, per me è stato un piacere discutere.

Saluti,

Denis Sbragion
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