PS: ovviamente io ribadisco che mi esprimo su questioni legate alle elettroniche, ed in tale senso ho esposto il mio concetto.
Mi pare di capire che spesso si sia fatto riferimento a presunti fenomeni di ritardo legati al comportamento delle elettroniche e del NFB applicato, e proprio in quel contesto io sono stato chiamato in causa.....
In attesa che i nostri esperti di teoria dicano la loro, sono costretto ad esprimere (sempre in tema "visione da zappaterra"), cosa IO vedo quando osservo (elettronicamente parlando) il fenomeno citato da PG:
primo segnale, dominio del tempo, variazione da 0 a X1 di ampiezza di durata T1. Se il segnale é "naturale" (ossia non uno stimolo strumentale sintetico, come il singolo steps) esso avrà una ripetizione di N volte, a formare il classico tono variegatamente smorzato (questo io vedo quando analizzo una percussione o stimolazione acustica riversata su stream elettronico).
Nel dominio della frequenza, avrò una visione armonica precisa, corrispondente al segnale, pure se esso è un singolo steps.
Quella composizione è formata da un numero N di singoli toni di ampiezza variabile in base a:
1. ampiezza di banda del sistema in analisi (definizione di limite massimo al coefficiente della trasformata di fourier, che per inciso prevederebbe coefficienti da 0 ad infinito, ossia banda infinita, inesistente nella realtà....)
2. composizione di fase tra i singoli toni presenti e coniugati nella forma d' onda istantanea
3. andamento specifico del segnale, ossia se esso è un singolo step (andamento di ampiezza di inviluppo dei singoli toni definito esclusivamente dalla banda passante del sistema, come è noto l' equivalente di fourier di uno step ideale è una sequenza infinita di singoli toni....), o se esso è formato da sequenze ripetute in modo multiplo.
Un ritardo di 10 sec, o anche solo di 100mS tra 2 segnali distinti, a casa mia si tramuta in 2 sequenze di fourier separate, esattamente come si vedono sul mio oscilloscopio (o qualcuno mi vuole dimostrare che non esiste un ritardo temporale tra i 2 eventi ?).
Non per essere saccente, ma Fourier tiene conto di ritardi temporali come "ritardi di fase" solo ed esclusivamente se essi sono compresi entro il periodo del segnale a minima frequenza presente nell' evento.
Se si ritiene che sia rilevante considerare elementi di frequenza (steps) di pochi mHz, la fase non centra più nei termini che tu citi, ma si avrà una analisi di IMD tra una "sequenza di ripetizione" ed i toni che la compongono, esattamente come accadde quando postai la sequenza di burst di test sugli altoparlanti....
La confusione che si cita è quella di ragionare sui suoni che noi percepiamo come se essi fossero elementi analoghi ai SINGOLI segnali elettronici.
La percezione si basa sull' analisi di inviluppi armonici di durata di circa 10 ordini di grandezza superiori ai segnali utili che girano nei nostri ampli, per cui il concetto "di ritardo temporale" andrebbe specificato meglio.
Ricordo ai più distratti che la propagazione dei suoni avviene a 340m/s ed i "ritardi" sono associati a questo genere di tempistiche, mentre in elettronica si ragiona con la velocità della luce e/o tuttalpiù con larghezze di banda passante ben lontane dai tempi di propagazione dei suoni....
Sempre in chiave di "lettura teorica", io non ho mai osservato fenomeni di "non invarianza" in questo genere di elettroniche.
Ipotizzando un segnale "modulato" nel tempo, si assiste semplicemente ad una funzione di trasferimento analoga a quella esposta da un sistema FM (modulazione di frequenza) o PM (modulazione di fase), oppure se esso viene modulato in ampiezza si assiste alle condizioni AM. Tutte queste condizioni sono perfettamente analizzabili, ripetibili e simulabili semplicemente introducendo una serie di coefficienti nella funzione del sistema.
Il caso del Jiitter nei lettori CD casca a fagiolo:
Si assiste ad una "fluttuazione della scansione temporale" del segnale originale. Un caso palese di "variabilità temporale". La risultante non sono fenomeni paranormali, ma elementari IMD dinamiche (o statiche) facilmente analizzabili.
Da questo punto di vista, a proposito di "confusione" vorrei ricordare ai nostri amici che non esiste nessuna correlazione tra un concetto di linearità e quello di "non invarianza". Un sistema può essere assolutamente "non lineare" ma rispondere totalmente a condizioni di "invarianza". La "non linearità" altro non è che un fenomeno di coniugazione complessa tra un certo numero di situazioni, situazioni che possono benissimo essere isolate singolarmente, sintetizzate ed inserite nel modello.
Certo, esiste (in teoria) un "fattore di arrotondamento" che determina i limiti tra una condizione di invarianza ed una di non invarianza, ma nei casi che noi citiamo (elettronici, di questo io mi occupo....) questa soglia si posiziona ad ordini di grandezza ben lontani da quelli che queste discussioni ipotizzano come "realistici".
Mascheramento (o fenomeni definiti tali):
Su 100 fenomeni di "presenza di segnali estranei a quello riprodotto", o di "presenza di sottoprodotti non lineari del segnale utile" generati da qualche anello di riproduzione, almeno 80 di essi sono vissuti in forma percettiva come "positivi".
In attesa che i nostri teorici siano almeno in grado di spiegare con un minimo di concretezza (non dico scientifica, ma almeno razionale e/o dimostrabile in modo empirico) di cosa stanno parlando, io posso solo portare le mie
esperienze strumentali dirette comparate all'ascolto empirico .
Ad esempio, i disturbi di rete.
Qualcuno mi sa quantificare la loro entità prima e dopo avere cannibalizzato lo chassis di un ampi ?
qualche metro di cavo di segnale, cavo di potenza, cavo di rete ecc.... è in grado di introdurre forti quantità di rumore di rete nel segnale che arriva ai diffusori.
Per i poveri sprovveduti autocostruttori che non hanno la fortuna di essere "ricercatori di fisica" (loro evidentemente sanno già tutto della fenomenologia EMI- EMC, visto le implementazioni che vanno per la maggiore....

), ricordo che la composizione armonica di questo genere di disturbi può cambiare moltissimo in base alla situazione locale, ma in genere è estremamente ampia e complessa.
Da semplici analisi FFT (oddio, analisi "mediate nel tempo"....

) si rilevano inviluppi che dai 50Hz canonici si estendono fino a qualche Khz. Questi segnali sono ovviamente "fortemente incoerenti" con il segnale riprodotto, e di solito generano forme "IMD (intermodulazioni) a spettro variabile", più o meno come succede ai fenomeni di Jiitter dei CD.
Devo ricordare che più o meno come accade per il Jiitter,
non è l' assenza ad essere vissuta come positiva ma la sua presenza. Una ampia presenza di "disturbo non coerente" definisce una sorta di "corpo materico" al suono, la sua totale assenza (o forte attenuazione) viene vissuta come "freddezza" (freddezza, non "disturbo o fatica" ovviamente).
Ora, da questo semplice esempio di tanti che si possono verificare, quanto sarà il peso di elementi aggiunti quando si "aprono" le elettroniche rispetto a quello legato alle singole "vibrazioni evitate" da questa manovra ?
In attesa di avere riscontri strumentali legati alle presunte "influenze meccaniche sulla efficienza elettronica", comincerei ad analizzare le semplici misure facilmente riscontrabili, almeno per dare un barlume di serietà a tutto il discorso....
Altro problema di mascheramento:
Ovviamente io ho una visione limitata e primitiva dell'argomento, non lavorando nella sismica.....

, ma fino a prova contraria è possibile equalizzare un segnale o una risposta complessiva, che si tratti di ambiente o di singolo sistema, usando sistemi attivi o passivi (Risonatori).
Isolando (in fase od ampiezza) singole sezioni (di frequenze) è possibile modificare a piacere il vissuto percettivo di una riproduzione esattamente come quello di un evento reale (a meno che non risulti che un suono reale sia sempre percepito come "ideale"...).
In questo senso io continuo a vivere le tendenze associate a non meglio specificate "vite proprie dei suoni" come semplici "equalizzazioni ambientali", ma ovviamente sarò lieto di poter cambiare idea....
Riguardo i discorsi inutili legati alla presunta non invarianza della percezione umana, mi si permetta qualche perplessità.
Forse che la (scontata ?) non invarianza della percezione non esista nel evento reale ?
Perchè essa dovrebbe porsi in modo diverso in presenza di un evento riprodotto ?
Se discutiamo sul fatto che la ripresa stereo sia lacunosa ecc... non ho preconcetti, ma se data una tecnica di ripresa, data una traslazione nel "dominio del suono", a me risulta che se il problema sono le informazioni di ambienza originali che cozzano con quelle casalinghe l' unica risposta logica sarebbe "eliminare quelle casalinghe", ad esempio con l' ascolto in cuffia o in ambienti anecoici. Se queste controprove non danno i risultati paventati la teoria è semplicemente sbagliata, senza ma e senza se.
Cerchiamo di fare meno filosofia e di provare a capire su un piano anche solo percettivo, piano che anche un modesto zappaterra come me può intuire.
Si vorrebbe stabilire che le condizioni anecoiche non vanno bene (vorrei vedere....), ma manco le condizioni di "riverbero controllato", ma si dovrebbe ragionare secondo un non meglio definito elemento di "tempi di esistenza dei suoni". Essi non sono, si badi le comuni risonanze strutturali, come una mente semplice come la mia terrebbe a concepire, ma dei suoni che "esistono" nel contesto per un loro vezzo specifico.
Per controbattere un "normale" riverbero uno è portato ad usare elementi fisici con caratteristiche di assorbimento acustico, mentre in questi contesti di assorbimento acustico non si vuole manco sentire parlare, mi pare di capire. Mi si dice che quando sento il plettro passare da una corda all'altra il suo attacco (a casa mia, non a casa degli eletti) è ancora "mascherato" dal "vecchio suono" della corda precedente, che nel frattempo sta girando per casa mia in attesa di decidersi "a morire".
Da osservatore di cose di musica, comunico agli amici che questo effetto di mascheramento non solo è tipico anche nel suono reale, ma è la regola che determina la generazioni di suoni (timbri ed effetti sonici) specifici di quasi tutti gli strumenti.
Diverso l' approccio di definire un coefficiente di riverberazione ambientale ottimale, in base a studi di vario tipo, che mi trova perfettamente d'accordo.
Inutile aggiungere la cosa che conferma l'assoluta non serietà di alcune teorie quando si assiste ad "eventi ambientali rigenerativi" in presenza di suoni registrati fortemente manipolati elettronicamente.
Come a dire:
OK, la ripresa fa schifo, il microfono non è un buon sistema di rilevazione ambientale, i delay elettronici sono beceri ed il tecnico del suono era ubriaco, ma se tolgo lo chassis e costruisco una cassa come un totem riesco a "rigenerare l' evento reale".
Mi pare che non serva un P.H.D. di fisica per dimostrare senza appello che questo genere di "sensazioni" si leghi ad elementi psicofisici e non fisici.
Questo non significa che la cosa necessariamente non funzioni, ma semplicemente che vada ad influire su forme di appagamento sensoriale determinato da manipolazioni (
manipolazioni) esplicite attuate sul segnale originale.
Sinceramente, con tutto quello che il segnale subisce prima di arrivare a casa mia, non sono per nulla scandalizzato o contrariato da questo genere di "invenzioni", e non ho mai escluso di adottarle anche io se si rivelano cosi performanti.
La cosa che non capirò mai è tutto il polverone su tematiche puramente "semantiche" e relativi sproloqui offensivi.
Se e quando qualcuno vorrà dare un "nome comune" ad alcune pratiche di insonorizzazione ambientali, atte a ridurre i tempi di decadimento a varie frequenze entro valori ottimali, tale pratica avrà la mia piena condivisione...
Sempre in attesa di imparare qualcosa sulle teorie dei segnali, rimando il mio intervento sulla NFB versus ritardi temporali del suono, anche se credo che possa essere scontata la mia conclusione (basterebbe rispettare la matematica, in verità, che da al concetto di "ordini di grandezza" il giusto peso....).....
ciao
Mauro
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