franmat ha scritto:Ad esempio gianluca dice che utilizza entrambe le "tecnologie". Mi chiedo a questo punto quando sceglie una strada e quando sceglie l'altra.
da un punto di vista esclusivamente tecnico, la scelta sarebbe relativamente semplice:
laddove si ha bisogno di mantenere costante una corrente, ovvero di impedire il passaggio di correnti variabili, o di inserire in un circuito (ad es. il carico anodico di un triodo) una impedenza elevata che sia quanto più possibile costante ed indipendente dalla frequenza (e quindi che non presenti caratteristiche reattive e/o risonanti) un
CCS è ovviamente (quasi sempre) di gran lunga preferibile ad un induttore.
Un buon
CCS (reale) ben realizzato offre infatti una impedenza altissima che resta (quasi) costante dalla DC fino a ben oltre i limiti della banda audio, cioè si comporta (quasi) come un resistore di valore molto alto (salvo non avere necessariamente bisogno di una caduta di tensione altrettanto alta ai suoi capi).
Al contrario un
induttore è un componente reattivo. Nel caso ideale la sua impedenza è una pura reattanza induttiva, il cui valore dipende linearmente dalla frequenza secondo la legge
Xl=ωL, dove
ω=2πf, cioè
Xl=2πfL.
Risulta quindi evidente che per la DC (f=0) un induttore è un corto-circuito, mentre per le correnti variabili (AC, segnale) questo offre una "resistenza" (reattanza induttiva) tanto più alta quanto più alta è la frequenza del segnale stesso. Questo è ovviamente un comportamento quanto mai
indesiderabile laddove si voglia realizzare un circuito la cui risposta
non dipende dalla frequenza.
Nel caso reale le cose sono ancora più complesse e per molti versi peggiori: qualsiasi induttore reale presenta infatti una quantità di difetti inevitabili, che vanno dalla resistenza degli avvolgimenti (che di solito è il male minore...) alle capacità parassite (che tra l'altro danno origine ad indesiderabili risonanze "intrinseche"), a fenomeni di natura magnetica, elettromeccanica, ecc, ecc.
Ciò fa sì che il comportamento di un induttore reale al variare della frequenza sia molto più complesso: tipicamente si ha un range intermedio in cui il comportamento può essere abbastanza vicino a quello di un induttore ideale, mentre al di fuori di questo se ne discosta più o meno significativamente. In particolare, oltre una certa frequenza l'induttore tende ad essere "by-passato" dalle sue capacità parassite e si manifestano risonanze varie, mentre spesso alle frequenze più basse l'induttanza reale tende a diminuire rispetto a quella "nominale" (a centro banda), così che all'estremo inferiore l'impedenza tende a diminuire più che linearmente con la frequenza, ecc.
Un induttore reale è inoltre affetto da comportamenti di natura
non-lineare (che sono causa di distorsione armonica ed intermodulazione) e fenomeni di
isteresi che, oltre ad essere non-lineari, introducono un "effetto memoria" che rende la risposta del sistema in qualche misura dipendente dalla "storia" precedente del segnale, ovvero sia non tempo-invariante (i problemi di isteresi sono tipici degli induttori avvolti su un nucleo ferromagnetico, cioè non "in aria").
Un disastro.
Inserendo un induttore come carico anodico di un triodo in uno stadio amplificatore, oltre ad introdurre un "taglio" alle basse frequenze (filtraggio passa-alto), si ottiene pressoché inevitabilmente una risposta (guadagno delle stadio) che tende ad essere "crescente" al crescere della frequenza (entro certi limiti, il guadagno di uno stadio a triodo cresce al crescere del carico anodico...) per poi di solito raggiungere un "plateau" più o meno ampio e quindi tornare a calare al di sopra di un certo limite. Alle frequenze più alte (auspicabilmente al di sopra della banda audio, ma non sempre è così) si incontrano anche varie risonanze più o meno marcate.
Data la pressoché inevitabile presenza nel circuito di altri elementi reattivi, sia capacitivi (alimentazione, accoppiamenti, eventuali by-pass sul catodo, ecc) che induttivi (ad es. TA, eventuali induttori di filtro, ecc), l'utilizzo di carichi induttivi aumenta il numero di risonanze indesiderate, nonché il il rischio di introdurne qualcuna anche in piena banda audio.
Per contro, a parità di tensione di alimentazione, l'effetto del carico induttivo permette di ottenere uno swing di tensione in uscita maggiore e, di solito, di dissipare molta meno potenza.
Mentre quindi in uno stadio "di segnale" un CCS è praticamente sempre (e di gran lunga) preferibile ad un carico induttivo, se le potenze in gioco sono (relativamente...) "importanti" (come nel caso di un finale di potenza) il carico induttivo (o a trasformatore) ha i suoi evidenti vantaggi, se non altro in termini di efficienza energetica.
Fin qui per quanto riguarda il punto di vista prettamente tecnico.
Dal punto di vista soggettivo della "qualità del suono" percepita all'ascolto, la scelta invece è ancora più semplice. Ma, sfortunatamente,
non può essere fatta a priori.
Come per (quasi) qualsiasi altra scelta da questo punto di vista, l'unico modo di sapere cos'è che "suona meglio" (in un dato contesto e secondo la nostra personale sensibilità) è quello di provare personalmente entrambe le soluzioni e poi scegliere quella che ci piace di più...