In realta quando parli così ti avvicini a Fabio
Se dici così ci offendi entrambi: offendi Fabio perché (senza entrare nel merito della giustezza delle cose) io non ho approfondito quanto lui scrive, ed offendi me perché cerco di comportarmi all'opposto quanto all'esposizione di quel che mi sembra di aver capito.
Tornando nel merito: perché si misura la risposta in frequenza (prendo la misura più banale, probabilmente inutile e quasi da tutti vituperata solo per esigenze di semplicità espositiva, e perché la misurano in genere gli autocostruttori)? Perché si assume che sia importante che abbia certi valori e non altri. Ora, la scelta di questi valori a che cosa si deve? E' arbitraria? E' legata a qualche esigenza? Dal punto di vista del microfono (si fa per dire) si può dire che se assumiamo come range di frequenze utile l'intervallo canonico 20Hz-20kHz, allora un sistema capace di emettere tutti i suoni presenti in quell'intervallo senza limitazioni dinamiche tra le varie porzioni dello stesso DOVREBBE soddisfare l'esigenza di rappresentare le informazioni ivi contenute, e rappresentate appunto da(llo spettro di) quelle frequenze.
Ora, sto sempre semplificando con l'accetta per cercare di presentarti con poche ombre quel che io ritengo di aver capito, tale rappresentazione delle informazioni ha senso in riferimento al soggetto che ne gode: dal momento che chi ne gode non è un microfono, non ha una risposta né lineare, né tempo invariante, che senso ha nel volere emettere (e misurare) quelle canoniche tre decadi? Si, ci sono infiniti distinguo da fare, ma voglio sottolineare che un sistema "trasparente" (0dB di variazione da 20Hz a 20kHz) non ha alcuna certezza di raggiungere i suoi obiettivi (quando questi abbiano a che fare con la fruizione di musica codificata stereofonicamente da parte di un particolare essere umano).
Tutto questo dove porta? Porta a dover ridefinire quale sia il capitolato di progetto di un diffusore, prescindendo dalle semplificazioni indotte dal principio di sovrapposizione, valido solo per i microfoni (ed i toni puri, aggiungerei).
Guarda che quello non l'ho detto io ma Nuti, verso la fine dell'articolo (ultima pagina, paragrafo Un errore eclatante) dove scrive: <<dall'altoparlante in poi il sistema diventa non invariante a causa degli effetti connessi con la propagazione del suono (ritardo, diffrazione, riflessione): le variazioni di risposta in frequenza introdotte dall'ambiente non sono più indipendenti dalla "storia"del segnale.>>
Si, puoi interpretare anche così quelle parole, ma Nuti ha detto anche altro (le frasi citate da me, estratte dalle prime pagine): l'insieme va coordinato, e Nuti lo fa anche, visto che premette al paragrafo precedente:
«L'accurato ed intelligente controllo del paramentro elettroacustico "risposta in frequenza" a partire da poche nozioni di psicoacustica spesso dimenticate, può condurre a risultati di notevole rilievo ad onta delle semplificazioni introdotte»
Nuti per es. sembra considerare come fonte di distorsioni non lineari e tempo non invarianti solo l'altoparlante: oggi sappiamo (anche da studiosi di lunga tradizione come Bartolomeo Aloia, o anche il nostro Mauro Penasa) che l'interazione all'indietro di questo componente con la catena porta ad evidenziare fenomeni analoghi anche nella parte definita come tempo invariante da Nuti.
E nemmeno sono sicuro (per quel poco che so) che, almeno con segnali di prova come i toni puri, l'ambiente possa essere considerato come un blocco tempo non invariante (sarebbe possibile in ipotesi, come si fa in genere nelle simulazioni di campo riverberato, discernere il contributo dell'ambiente da quello del campo emesso dalla sorgente).
Anche l'inserimento dell'ascoltatore come fonte primaria della non invarianza poi mi risulta essere attribuibile non a Nuti, ma all'ing. Russo, diversi anni dopo.
Altrettanto necessario è non assumere l'articolo del 1980 a nuovo feticcio: come ho detto molte altre volte, se si leggono le conclusioni della sezione del Radiotron dedicata all'alta fedeltà, vi si trova scritto chiaramente già dal 1938 come fosse palmare che le misure sui parametri fisici di risposta in frequenza e tempo erano giudicate non conclusive e non soddisfacenti sin da quei lontani anni e proprio dagli ingegneri di AMWVC e RCA che scrissero quella che era e resta la bibbia delle valvole (quindi persone in prima battuta scevre di servo encomio e di codardo oltraggio).
Guarda che io intendevo una cosa più semplice, mi spiego meglio.
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Insomma io questo ruolo della persona/cervello, lo dico con la stessa tua educazione, davvero non riesco a vederlo in quell'articolo.
Originariamente inviato da mr2a3 - 29/07/2009 : 00:57:01
Il tuo cervello ti portava a valutare lo stesso stimolo (stesso brano nello stesso ambiente) diversamente a seconda del tuo ruolo e della tua posizione in ambiente: cosa ti spinge a privilegiare in maniera inequivocabile solo la posizione in ambiente?
In ogni caso, la questione del cervello è assodata dalla scienza ufficiale, non da un pirla da forum come il sottoscritto: non avevo mai letto l'articolo di Nuti fin quando dueffe non l'ha linkato (apropos, moderatori: sembrerebbe un'operazione forse non lecita), tuttavia quando l'ing. Russo per il tramite di Roberto e Ferdinando (FMF) ha (involontariamente) proposto anche qui le sue teorie sui suoni musicali, mi son messo a ricercare da parte mia le nozioni di cui parlava, invarianza e quant'altro.
Curiosamente mi son trovato a chiarirmi le idee approfondendo le medesime premesse da cui partiva Nuti trent'anni prima, ovvero le ipoacusie e le tecnologie disponibili per correggerle. Al momento i più costosi e sofisticati sistemi adottano dei modelli ricavati non per via teorica ma dall'osservazione di dati sperimentali, e tutti quegli adattamenti che il sistema ascoltatore compie nelle varie situazioni (silenzio, confusione, film, teatro, conversazione, etc) in condizioni normali, tali dispositivi non sono in grado di eseguirli in autonomia ma solo in maniera discreta, passando da un modello percettivo ad un altro diverso in maniera manuale o quasi.
Tutto questo, prescidendo ancora da concetti (che io non ho mai capito) come il cd. "potere predittivo della sequenza" propalato dall'ing. Russo (o da quelli che dueffe ed il suo gruppo accettano e supportano), porta all'evidenza che la fonte primaria della non invarianza risiede nell'ascoltatore e non nell'ambiente, sebbene, essendo la catena riproduttiva un sistema, i due elementi non possano essere scissi (così come non possono essere considerati nei medesimi termini prescindendo dalla codifica stereofonica, tecnica che genera un'immagine di tipo spaziale che i monofonisti come Mario non riscontrano nei loro sistemi).
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Ciao, Luca
"Necessity is the plea for every infringement of human freedom. It is the argument of tyrants; it is the creed of slaves"