Inviato: 14 dic 2007, 16:13
Prima di tutto ancora grazie per l'accoglienza, per i complimenti e soprattutto per il tono civile del discorso.
Fatico talvolta (ma è un mio problema) a seguire gli interessanti discorsi di Luca. Le nostre prove non sono in "doppio cieco", che non avrebbe senso in campo audiofilo. Sono semplicemente "alla cieca". In altre parole non tolgono nulla al giudizio che segue ad un ascolto "tradizionale" in chiaro, se non l'ovvia suggestione che può essere indotta nell'ascoltatore dal sapere di avere davanti un apparecchio da duecento o da ventimila euro. Questa influenza psicologica è ovvia, possiamo dire che non ci interessa, che tutto sommato a noi quello che importa è ascoltare bene e se il buon suono deriva dal sapere di avere speso molto va bene lo stesso. A me non va bene, e tento di giudicare semplicemente "depurando" lil giudizio di un componente che non voglio.
Giustamente Luca dice che il giudizio, alla fine, è soggettivo, e che nessuno deve dirgli cosa sentire, perché lui sente da solo. Questo è per eccellenza un giudizio non scientifico. Legittimo più che mai, ma non scientifico. La conoscenza scientifica deve essere, per sua definizione, condivisibile, verificabile e soprattutto falsificabile. I test che noi descriviamo nel galileo audiofilo saranno fatti male, migliorabili, inutili e sciocchi, ma hanno la caratteristica di essere ripetibili. Cinque altre persone possono venire nella nostra stanza, ascoltare gli stessi brani, trovare o meno le differenze che abbiamo trovato noi. Quando invece leggiamo ispirate recensioni sulla "apertura del suono" sul "calore degli strumenti" e sull'"altezza della scena sonora" (che in trenta anni di concerti dal vivo non ho mai sentito, se non quando un cantante veniva alzato sul palco da delle corde) sono parole bellissime, ma che non possono essere nè confermate, nè smentite.
Quello che dice Luca, sulla fondamentale ed intrinseca soggettività del giudizio "audiofilo" è una posizione comprensibile, ma è fondamentalmente una resa e l'affermazione dell'inutilità di qualunque recensione. Come dice Antonin Artaud " je suis l'absolu et rien", ovvero sono l'assoluto ed il nulla, proprio come l'assoluto (per chi lo emette) ed il nulla (per tutti gli altri) è un giudizio squisitamente soggettivo.
Il nostro test ha migliaia di difetti. Chi scrive si occupa di sperimentazioni cliniche per professione (e facendosi pagare profumatamente), e comprendo benissimo quanti fattori confondenti possano esserci. Il galileo audiofilo è poco più di un gioco, ma è un gioco - nel suo piccolo - condotto con rigore scientifico. Sappiamo, ad esempio, che dal punto di vista statistico azzeccare sedici volte su venti è significativo, diciassette altamente significativo, diciotto quasi certo. La verità è che, nelle nostre prove, ci siamo sempre trovati di fronte a quadri molto chiari. In alcuni casi la differenza si sentiva, e i numeri lo confermavano, sempre e comunque. In altri casi non si sentiva, e non si sentiva mai, e i numeri lo confermavano sempre e comunque.
Nessuno può dire che un altro pannello di ascoltatori, con un altro impianto, con altre orecchie, in un altra stanza non avrebbe colto differenze. Questo è possibile. Ma non è certo, almeno fino a quando qualcuno non l'ha dimostrato, in modo giocoso ma rigoroso almeno quanto il nostro.
la scienza va avanti così. Con verità parziali, e spesso smentite. Ma da quando - dopo Galieo - ci si accontenta di questo si sono fatti grandi passi avanti. Prima, quando ci si rifiguava nell'ipse dixit aristotelico, si tentava di spiegare tutto in una volta con leggi generali, ma alla fine non si capiva proprio niente.
Fatico talvolta (ma è un mio problema) a seguire gli interessanti discorsi di Luca. Le nostre prove non sono in "doppio cieco", che non avrebbe senso in campo audiofilo. Sono semplicemente "alla cieca". In altre parole non tolgono nulla al giudizio che segue ad un ascolto "tradizionale" in chiaro, se non l'ovvia suggestione che può essere indotta nell'ascoltatore dal sapere di avere davanti un apparecchio da duecento o da ventimila euro. Questa influenza psicologica è ovvia, possiamo dire che non ci interessa, che tutto sommato a noi quello che importa è ascoltare bene e se il buon suono deriva dal sapere di avere speso molto va bene lo stesso. A me non va bene, e tento di giudicare semplicemente "depurando" lil giudizio di un componente che non voglio.
Giustamente Luca dice che il giudizio, alla fine, è soggettivo, e che nessuno deve dirgli cosa sentire, perché lui sente da solo. Questo è per eccellenza un giudizio non scientifico. Legittimo più che mai, ma non scientifico. La conoscenza scientifica deve essere, per sua definizione, condivisibile, verificabile e soprattutto falsificabile. I test che noi descriviamo nel galileo audiofilo saranno fatti male, migliorabili, inutili e sciocchi, ma hanno la caratteristica di essere ripetibili. Cinque altre persone possono venire nella nostra stanza, ascoltare gli stessi brani, trovare o meno le differenze che abbiamo trovato noi. Quando invece leggiamo ispirate recensioni sulla "apertura del suono" sul "calore degli strumenti" e sull'"altezza della scena sonora" (che in trenta anni di concerti dal vivo non ho mai sentito, se non quando un cantante veniva alzato sul palco da delle corde) sono parole bellissime, ma che non possono essere nè confermate, nè smentite.
Quello che dice Luca, sulla fondamentale ed intrinseca soggettività del giudizio "audiofilo" è una posizione comprensibile, ma è fondamentalmente una resa e l'affermazione dell'inutilità di qualunque recensione. Come dice Antonin Artaud " je suis l'absolu et rien", ovvero sono l'assoluto ed il nulla, proprio come l'assoluto (per chi lo emette) ed il nulla (per tutti gli altri) è un giudizio squisitamente soggettivo.
Il nostro test ha migliaia di difetti. Chi scrive si occupa di sperimentazioni cliniche per professione (e facendosi pagare profumatamente), e comprendo benissimo quanti fattori confondenti possano esserci. Il galileo audiofilo è poco più di un gioco, ma è un gioco - nel suo piccolo - condotto con rigore scientifico. Sappiamo, ad esempio, che dal punto di vista statistico azzeccare sedici volte su venti è significativo, diciassette altamente significativo, diciotto quasi certo. La verità è che, nelle nostre prove, ci siamo sempre trovati di fronte a quadri molto chiari. In alcuni casi la differenza si sentiva, e i numeri lo confermavano, sempre e comunque. In altri casi non si sentiva, e non si sentiva mai, e i numeri lo confermavano sempre e comunque.
Nessuno può dire che un altro pannello di ascoltatori, con un altro impianto, con altre orecchie, in un altra stanza non avrebbe colto differenze. Questo è possibile. Ma non è certo, almeno fino a quando qualcuno non l'ha dimostrato, in modo giocoso ma rigoroso almeno quanto il nostro.
la scienza va avanti così. Con verità parziali, e spesso smentite. Ma da quando - dopo Galieo - ci si accontenta di questo si sono fatti grandi passi avanti. Prima, quando ci si rifiguava nell'ipse dixit aristotelico, si tentava di spiegare tutto in una volta con leggi generali, ma alla fine non si capiva proprio niente.