stereosound ha scritto: UnixMan ha scritto:no, piuttosto alla riduzione del rumore di rettificazione se il diodo a vuoto è posto direttamente in serie a quelli a SS...
Si questo è vero!...però in questa posizione il tubo credo si stressi un po' troppo col tempo.
non più di quanto non farebbe se fosse utilizzato direttamente per fare il suo lavoro, al posto dei diodi a SS. Fondamentalmente, tutto dipende dal valore del C "di testa" del filtro...
LuCe68 ha scritto:Ma a quei signori non gli è venuto in mente che il percorso del segnale si doveva richiudere prima di arrivare al tubi a vuoto ?
assolutamente d'accordo.
Per la precisione, si dovrebbero richiudere il più "vicino" possibile a ciascun circuito (sull'ultimo condensatore di filtro) per minimizzare la "lunghezza" di ciascun loop di corrente.
Naturalmente, l'altro vantaggio dei tubi a vuoto è il minore rumore di rettificazione.
Sia perché a differenza di quelli a giunzione non sono soggetti a fenomeni di "reverse recovery" che (e forse soprattutto) perché obbligano a limitare le correnti di picco...
Entrambe cose che oggi si possono ottenere altrettanto bene utilizzando diodi a barriera Schottky (per alta tensione, in SiC) per i raddrizzatori e limitando intenzionalmente le correnti di picco anche se i diodi per conto loro potrebbero reggerne di ben più alte.
Dopo di che va detto che buona parte del suono degli amplificatori (tutti, ma per vari quanto ovvi motivi in modo particolare dei SET) è legato alle interazioni tra il carico (reattivo) e l'impedenza di uscita (tipicamente altrettanto reattiva) dell'alimentatore, mediate da quella del "modulatore" (=lo stadio di uscita) e dalle inevitabili risonanze che si formano di conseguenza (e che vanno ad aggiungersi a quelle proprie del carico e/o dell'alimentatore, ecc).
È anche (oserei dire soprattutto) per questo che alcuni amplificatori danno risultati ottimali con alcuni diffusori piuttosto che con altri e viceversa.
Quello che tipicamente avviene quando si "gioca" con stadi di uscita, tubi e/o TU diversi, condensatori e/o induttori di filtro, ecc, IMHO è soprattutto questo: si modificano le interazioni tra alimentazione/modulatore/carico e si alterano le relative risonanze. Cosa che ovviamente cambia la risposta acustica complessiva del sistema ampli/diffusori e quindi il suono percepito.
Di fatto, se nel "mix" non entrassero anche le non-linearità proprie del modulatore, il tipo di dispositivo/i utilizzato/i per il modulatore (triodi, pentodi, transistors, ecc) sarebbe del tutto indifferente: gli stessi identici risultati si potrebbero ottenere con qualsiasi dispositivo semplicemente lavorando sull'alimentazione (in funzione delle caratteristiche proprie del modulatore impiegato). Anche in pratica, nonostante le differenze tra i dispositivi, con qualche accortezza si può andare abbastanza vicini ad un tale risultato...