Come "al solito", tutto tace... MAH
e infatti non capisco neppure come "x" possa negare in assoluto l'utilità delle misure.
Attenzione: la posizione mi pare sia alquanto diversa.
Le domande poste da nullo (che riflettono quelle di altri) non portano sic et simpliciter ad una de-scientifizzazione delle scelte operate a monte, ma all'opposto: ad evidenziare piuttosto che i comuni setup di misura, le tecniche diffuse, NON descrivono un bel niente in quanto errate concettualmente, scientificamente, dal punto di vista della fisica.
Portano ad evidenziare che le precedenti domande erano di per sè "sbagliate".
Non dovrei essere io a fare certi discorsi, perché non ho le basi nè gli strumenti concettuali, tuttavia mi espongo nell'unica speranza che qualcuno abbia la voglia di correggermi qui per dissipare gli errori ed i dubbi.
Quando per es. qualcuno afferma che un woofer da 17cm è il più gigantesco altoparlante che si possa montare su un diffusore destinato ad uso domestico, lo fa sulla base di una serie di analisi che sono eminentemente scientifiche, basate sulla fisica, e non sulle chiacchiere, come potrebbe meglio spiegare il dr. Paolo Caviglia sulla base delle analisi e delle sperimentazioni che sta attualmente conducendo (sempre se abbia - ancora - voglia di mettersi a discuterne qui), perché io, come STRANOTO, non ne so una cippa.
Da quel che è sembrato a me (fin dai tempi della quasi dimenticate discussioni sui woofer da 20cm e sul senso delle "misure"), quando *qualcuno* parla di "non invarianza" non lo fa con riferimento (prendo la tua citazione riguardo Einstein) a, in generale, i sistemi di riferimento inerziali (Einstein da questo partiva: confutare la "credenza" che le leggi dell'elettromagnetismo fossero non invarianti), perché a quel punto non hai bisogno di tirare in ballo errori sistematici (basterebbero delle regole di trasformazione, come quelle di Lorentz), ma nemmeno a entità che in fisica sono definite "invarianti" (come il il tensore energia-quantità di moto).
Da quel poco che ho intuito, la questione si potrebbe forse iniziare a tentare di descrivere ricorrendo al parallelo (*meramente* un appoggio descrittivo, nelle mie intenzioni) con il trattamento dei segnali (e non c'entrano affatto i cd. dspippologi, sebbene...) descritto in un documento che reperii in rete (e che non c'entra nulla con le cd. "teorie" di x: lo specifico per sgombrare il campo da fraintendimenti che prestino il destro ai vituperii del campo "avverso" ad x).
Il riferimento non ce l'ho sotto mano ma si trova facilmente con Google.
Parlando di sistemi a tempo discreto e relativa descrizione mediante risposta all'impulso (lì si parlava dell'operatore di convoluzione e dell'operazione di filtraggio), venivano date alcune definizione di base che possono tornare a qualcuno utili per iniziare a provare a chiarirsi le idee.
Da questa premessa è anche evidente che il testo non si occupava di elaborazione nel tempo continuo, ma i principi descritti si possono generalizzare anche al caso di segnali di variabile continua.
Immaginiamo l'uomo l'ascoltatore, in quanto percettore/interpretatore, come un blocco di elaborazione che, presa in ingresso una sequenza di campioni x(n), produce in uscita una sequenza di campioni y(n).
Se questo blocco di elaborazione è un cd. sistema lineare, esso è caratterizzato due noti principi: il principio di sovrapposizione degli effetti, ed il principio di invarianza rispetto al tempo (tant'è che si parla di LTI, Linear Time-Invariant).
Una connessione in serie di blocchi lineari e invarianti rispetto al tempo (ripeto, Linear Time-Invariant, LTI) è essa stessa un sistema lineare ed invariante rispetto al tempo.
Casi di non invarianza rispetto al tempo si riscontrano laddove il sistema cambia le proprie caratteristiche nel tempo, per esempio per effetto di controllo umano (lucina accesa...). Nel testo si faceva come esempio di non invarianza attinente allo specifico campo (trattameto del segnale) il caso di quei sistemi per i quali la frequenza di campionamento del segnale di ingresso è diversa da quella del segnale di uscita.
Una terza proprietà fondamentale dei sistemi LTI (monoblocco o a blocchi connessi in serie), è che possono essere descritti completamente dalla risposta che forniscono ad un impulso: nel caso di sistemi a tempo discreto tale impulso è di ampiezza unitaria, più precisamente ivi si definiva impulso nel tempo discreto il segnale S che vale 1 all'istante zero, e 0 in ogni altro istante del tempo (altra lucina accesa...).
Se proviamo ad abbandonare la suggestione descrittiva posso provarmi a fare al riguardo alcune considerazioni terra terra.
L'ipotesi era che il blocco funzionale costituito dal percettore/interpretatore fosse un essere umano: è l'essere umano un sistema LTI? La risposta è no, dato che può (e generalmente in maniera non predicibile) cambiare le proprie caratteristiche nel tempo: e possiamo pensare, sempre a livello di suggestione, visualizzazione, intuizione, alle differenti sensazioni che abbiamo ascoltando due volte in due momenti differenti lo stesso brano.
Se dunque non è un sistema lineare tempo invariante allora non vale il principio della sovrapposizione degli effetti (luciona...).
Se dunque non è invariante allora non è più descrivibile sulla base di una risposta ad un impulso (altra luciona...).
Che cosa può significare? Da quel che ho intuito (posso parlare solo di questo), significa che sia se noi consideriamo il blocco "umano" isolatamente, sia se lo consideriamo inserito in una serie (l'impianto di riproduzione, l'ambiente, l'ascoltatore), se poi potessimo idealmente prelevare copia del segnale sia all'ingresso che alla "uscita", ovvero anche prelevare copia del segnale all'ingresso, all'interno della serie, ed alla fine di essa, non sarebbe possibile trarre alcuna correlazione tra i vari "stati" del segnale, non sarebbe possibile alcuna descrizione.
Nel caso di blocchi in serie, rifacendoci all'esempio del brano ascoltato in momenti diversi, se per esempio il punto di prelievo interno alla serie di blocchi fosse rappresentato nel tempo dal momento dell'emissione di un suono musicale, e nello spazio da una piccolissima distanza (paragonabile per es. a quella per le usuali rilevazioni in campo vicino...), esso sarebbe in una qualche relazione con il segnale prelevato in ingresso ma nè l'uno nè l'altro avrebbero una relazione univoca con il segnale "alla fine", con la "percezione". Mai.
Ecco perché, io credo, si affermi che la fisica, nel caso di suoni musicali percepiti da un ascoltatore umano, non descriva niente (le leggi dei sistemi LTI sono matematiche, fisiche): la fisica può descrivere solamente sistemi non tempo varianti (come nel caso d'esempio del trattamento di segnali).
A questo punto introduco (in realtà, qualche settimana fa, qualcuno introdusse qui, su audiofaidate) i concetti di "tempi di esistenza", di "storia spazio temporale" e di "errore sistematico".
Posto che le misure e le tecniche valide per i sistemi LTI non lo sono per i sistemi tempo varianti, tuttavia resta il fatto che proprio del blocco funzionale non invariante ci si dovrebbe occupare, perché è la sua "prestazione" ad interessarci: la fruizione del "suono musicale". Sotto questo punto di vista è relativamente agevole considerare l'ipotesi che, sebbene non invariante, l'ascoltatore non è una sorta di selezionatore casuale di emozioni.
Perchè (visto che l'ho già ripetuto due-tre volte) è necessario considerare il concetto di "suono musicale", per usare questa terminologia ormai nota?
Come anche mostrato dal dr. Paolo Caviglia, in un supporto inciso (LP, CD, etc) il segnale stereo non riporta il suono come uscito da uno strumento, il cd. "suono dello strumento", ma il suono immerso in una realtà di ripresa e già ripresa (costruita dalla tecnica di ripresa, nell'ambiente di ripresa): il cd. "suono musicale" è descrivibile allora con il (forse più evidente?) concetto di "strumento che suona" (lì, allora, in quel modo).
Le informazioni portate all'attenzione del blocco funzionale umano riguardano perciò l'andamento nello spazio e nel tempo di suoni, che è facile capire dipendano strettamente (fisicamente) da quello che un attimo fa mi son permesso di chiamare "realtà di ripresa": il "suono musicale", in questo senso in cui io lo intendo, appare quindi diverso dal classico tono di prova sinusoidale ad 1kHz emesso direttamente da un generatore ed utilizzato in varie "misure", che di suo non contiene e non trasmette determinate informazioni spazio-temporali.
Cosa succede se queste informazioni vengono sovrapposte ad altre analoghe "fornite" non dal segnale, bensì dall'ambiente di ascolto?
Sempre a livello intuitivo è per me relativamente "facile" visualizzare come, essendo l'ascoltatore un sistema tempo variante, per cui per lui NON vale il principio di sovrapposizione degli effetti, entrambe le informazioni (dal disco, dall'ambiente) si combineranno tra di loro in modo non lineare, di modo che in conseguenza non sarà possibile utilizzare alcuna legge descrittiva, alcuna "trasformazione" che permetta di "separare", o meglio di riportare una situazione all'altra.
Abbiamo quella che alcuni hanno descritto come caoticizzazione di quella storia spazio temporale altrimenti conosciuta come "suono musicale".
Arriviamo dunque (finalmente) all'introduzione del concetto di "errore sistematico" (per quello che l'ho capito io, ovvio).
Perchè questo avviene, perché l'ambiente dovrebbe fornire informazioni atte a caoticizzare quelle analoghe presenti nel segnale?
Attraverso quale descrizione possiamo forse comprendere questo errore sistematico?
Per come la vedo io, cioè con molte incertezze, una prima descrizione ce la da il nome stesso di tale errore sistematico: mascheramento per suono correlato, il "famigerato" suono che maschera se stesso.
Una più esatta ce la può fornire poi il concetto di "tempo di esistenza".
Se un "suono musicale" è latore di informazioni spazio temporali, le sue caratteristiche, così come incise sul supporto stereo, ce le descrivono. Se un suono è di una certa ampiezza, ed inciso per durare un tempo T, mentre siamo soliti notare le alterazioni della forma d'onda come distorsione del messaggio, meno frequente (come notava anche Broskie) è la considerazione che ciò vale ancor più nel dominio del tempo: se quel suono in uscita dura un tempo diverso, ecco che il messaggio di cui è portatore viene distorto.
Dunque, il problema è (a me sembra) molteplice e internamente correlato.
Da una parte abbiamo un sistema tempo variante che non è descrivibile da alcuna legge fisica, pensata per sistemi invarianti: l'uomo percettore.
Dall'altro abbiamo che la risposta di questo blocco funzionale all'evento "suono musicale" viene ad essere distorta, caoticizzata, dal mascheramento per suono correlato, dall'alterazione tra i rapporti di tempo dei singoli suoni che lo compongono.
A questo secondo riguardo si può notare (date le premesse sin qui seguite) come i cd. dspippologi forse stiano lanciando la loro freccetta a diversi metri dal bersaglio grosso (et pour cause, direbbe qualcuno); per lo stesso motivo mi lasciano perplesso, dal punto di vista concettuale, alcune "sperimentazioni" o "soluzioni" con crossover digitali a ritardi temporali programmabili (o come si chiamano/descrivono) tipo certi Behringer. Chi avesse voglia di approfondire un po' oltre quella che è la mia colossale ignoranza, può cercare, mi pare su VHF, una discussione su cui è intervenuto tre-quattro giorni fa proprio il dr. Paolo Caviglia, contenente eccellenti spunti dello stesso per provare a capire come il cd. allineamento temporale (messa in fase) ottenuto per via meramente elettrotecnica abbia già in principio più di qualche problema.
E' infine da notare a riguardo dell'intera questione che la minimizzazione dell'errore sistematico nulla (al momento!) sembrerebbe dirci circa le scelte (scientifiche!) fatte a monte e date per presupposte, per quanto queste stesse siano necessarie proprio per detta minimizzazione.
Ovviamente questo lo dico ripetendo la premessa iniziale che non ho le basi nè gli strumenti per affrontare con competenza, o solo con una certa sicurezza, questi argomenti del tutto nuovi (per me).
Su questa sorta di vizio logico mi fermo, son stato fin troppo prolisso e petulante: spero vivamente che le persone che hanno le basi e gli strumenti, vogliano finalmente prendere in mano la descrizione e l'analisi di questi concetti, e delle loro conseguenze (e, come premesso, soprattutto correggermi, chiarendomi se possibile le cose che ho frainteso, o nemmeno intuito).
Proverò comunque a guardare i riferimenti che hai detto, anche se temo di non aver la capacità di dominare il linguaggio tecnico che avranno
Originariamente inviato da mr2a3 - 21/03/2007 : 11:20:41
Sarebbe, secondo me, utile se poi postassi pubblicamente dei link (se ci sono) a quei riferimenti.
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Ciao, Luca